Studi Cattolici, 749/50 LUGLIO/AGOSTO 2023, pp.44-45
Recensione a cura di Matteo Andolfo
La miscellanea Persona. Centralità e prospettive, a cura di Claudio Ciancio, Giuseppe Goisis, Vittorio Possenti e Francesco Totaro (Mimesis, Milano 2022, pp. 360, euro 28) si può considerare come il “manifesto programmatico” di Persona al centro. Associazione per la filosofia della persona, costituitasi nel 2020 , che considera la persona nell’insieme delle sue componenti spirituali, materiali, razionali, emozionali, relazionali, e mira a elaborare e realizzare un rinnovato umanesimo.
L’associazione, si legge sul sito, non vuole essere l’espressione di un pensiero unico, ma intende avere un profilo culturale che si nutre della “convivialità delle differenze”: i membri dell’associazione provengono infatti da differenti formazioni culturali ed esprimono punti di vista plurali sulla stessa istanza di una “filosofia della persona”. Nella convinzione che “la verità sia sinfonica”, nella promozione e nella difesa dei valori più fecondi e costitutivi della relazione interpersonale.
Ciò si riflette nei molteplici approcci alla persona degli autori dei contributi costitutivi del volume (indicati in seguito tra parentesi), i quali, si legge nella presentazione, «mettono inoltre alla prova la responsabilità del pensiero filosofico nelle sfere in cui si struttura il nostro vissuto (biotecnologie e antropotecnica, intelligenza artificiale e robotica) e lungo le linee di frontiera (biopolitica, questioni di gender, ecc.) dove è in gioco proprio la declinazione valida e credibile del modello di persona» (p. 11).
Il volume si articola in quattro parti. La prima presenta una giustifi cazione speculativa della centralità della persona confrontandosi criticamente con le attuali posizioni antimetafisiche (Ugo Perrone) e antipersonalistiche (Francesco Botturi), richiamando e attualizzando le prospettive personalistiche antiche e recenti, italiane (Flavia Silli e Tommaso Valentini) ed estere (Calogero Caltagirone).
Gabriele De Anna riprende la definizione boeziana di persona, confuta le obiezioni empiriste e naturaliste che essa ha ricevuto nel corso della filosofia moderna e contemporanea e valorizza l’idea che essa sottende, secondo cui «ogni essere umano, ossia ogni vivente appartenente alla specie umana, è una persona, a prescindere dal possesso effettivo di caratteristiche individuali come la coscienza, la razionalità, ecc. È la sua natura che lo fa essere di una specie i cui membri sono degni del nostro rispetto» (p. 64).
Su questa linea Carmelo Vigna, sfruttando il doppio punto di vista, quello classico, basato sui concetti boeziani di sostanza e razionalità/ relazione, e quello moderno, fondato sulle nozioni idealistiche rispettivamente corrispondenti di autocoscienza e coscienza, evidenzia come la persona sia all’incrocio di queste due direzioni: l’autocoscienza o ritorno presso di sé (sostanzialità) della persona come altra da sé (relazionalità) le è essenziale, ma tale ritorno al sé personale mediante l’altro non è in potere del sé, ma dell’altro, che non è il neutro o la cosa, che la coscienza signoreggia senza fatica, bensì è originariamente una soggettività altra.
Siccome la persona oltrepassa il finito solo sul piano dell’intenzionalità conoscitiva, il finito potrebbe essere l’ultima parola del destino di chi sa dell’Infinito. Solo la metafisica, quale discorso sulla necessità dell’esserci dell’Infinito, è premessa necessaria della possibilità che l’Infinito intenda avere a che fare con la trascendentalità che siamo. «Il passare dalla possibilità alla realtà (per noi) di questo “avere a che fare” non è più, però, faccenda filosofica. È piuttosto faccenda di fede» (p. 118).
Nella seconda parte il personalismo si cimenta con le problematiche emergenti: Antonio Da Re descrive la pluralità di posizioni presenti nell’àmbito bioetico; Roberto Mordacci evidenzia come l’orizzonte della persona, pur non essendo semanticamente al centro del pensiero utopico e distopico, sia quello che ne ispira la visione critica e costruttiva. Esso nutre la denuncia della spersonalizzazione e, al tempo stesso, la proiezione delle potenzialitàpersonalizzanti della vita associata. Simone Morandini affronta il tema dell’ecologia integrale, espressione valorizzata da papa Francesco come componente chiave della sua riflessione nella Laudato Si’: quella radicale relazionalità che caratterizza il nostro essere al mondo, evidenziandone le dimensioni interpersonale e sociale, ma anche il loro imprescindibile intreccio con quella ambientale. Massimo Reichlin esamina la questione del rapporto tra persone e animali, confutando la pretesa dei teorici del liberazionismo animale di rivendicare una considerazione normativa egualeper tutti i viventi portatori di interessi, ma riconoscendo che alcune caratteristiche della persona, come l’autocoscienza e il linguaggio, possono presentarsi in gradi molto diversi e perciò non possono dirsi assenti in tutti gli animali: pur essendo giustificata una certa prudenza nell’attribuzione della personalità a questi animali, il comportamento adottato nei loro confronti possiede implicazioni morali rilevanti.
Susy Zanardo si confronta con il pensiero della differenza sessuale, compresa l’equivocità della categoria del “genere”, e conclude che la ricerca di sé e l’apertura all’alterità (che pone un limite alla mia esperienza mentre sfiora il mistero inaccessibile dell’altro) «definiscono propriamente l’essenza della persona, il cui sguardo non può che essere incarnato e attraversato dalla differenza di un corpo-parola quale grembo che accoglie e rigenera le differenze, matrice di generi che hanno da confrontarsi con essa anche solo per sostare nei suoi interstizi» (p. 212). Invece la polverizzazione delle differenze rischia di incoraggiare forme di individualismo, dove ognuno è uguale a ogni altro perché, più radicalmente, legato a sé solo, assorbito nella fasci-nazione di essere genere a sé.
Infine, Antonio Allegra esamina le differenze tra il transumanesimo e il postumanesimo. Il primo si caratterizza per una costitutiva insofferenza per tutto ciò che è materiale e perciò soggetto al deterioramento, e individua la soluzione efficace nell’abolizione del corpo, l’uploading definitivo in puri schemi di informazione, eventualmente implementabili in involucri materiali sempre nuovi e variabili. L’analogo digitale che fa da struttura portante di questo immaginario contemporaneo sono gli streaming di video o musica, i cui supporti materiali sono assenti o invisibili. Per il postumanesimo, invece, l’uomo appare metafisicamente destinato a trascorrere in altre forme, a ibridarsi e mescolarsi senza una forma prediletta, senza l’ambigua pretesa transumanista di essere ancora protagonista quale progettista dell’evoluzione.
La terza sezione affronta il nodo delicato e arduo delle nuove tecnologie (robotica, antropotecnica, biotecnologie, IA, universo digitale e informazionale, ecc.), dei possibili rischi e delle auspicabili opportunità che esse comportano per il primato della persona. «Oggi», rileva Adriano Fabris, «sono presenti agenti tecnologici che a loro volta risultano soggetti di relazioni, e che lo sono in modi completamente diversi da quelle entità “naturali” con cui, pure, l’essere umano da secoli si confronta. Si tratta di una vera e propria novità, che incide profondamente sulla nostra esperienza» (p. 215). Dato che l’etica è il modo in cui stabiliamo le nostre relazioni a partire da criteri e princìpi condivisibili da tutti gli esseri razionali, è sul piano etico che possono essere definite le condizioni per attribuire fiducia anche agli agenti artificiali dotati di IA e per regolamentarla. Giorgio Rivolta e Luca Robino propongono la ricerca trans disciplinare (relativa alle differenti discipline coinvolte) e transmodale (relativa alle differenti modalità di conoscenza personali) quale metodo per la cooperazione integrativa tra i saperi e le persone in funzione dello sviluppo umano integrale, mentre Luigi Vero Tarca delinea i rischi della “tecno-demo-crazia”, ossia del condizionamento tecnocratico della prassi democratica.
Vittorio Possenti rileva che la tecnica non è intesa da postumanisti e transu- manisti come l’aiuto fornito all’essere umano per colmare una carenza, ma come principio di una nuova ontologia che contemplerebbe un essere non più umano; alla luce della nuova “filosofia prima” dell’evoluzionismo, secondo cui il divenire è originario e la realtà è puro processo che si autoesplica, l’essere umano appare un momento di passaggio verso un oltre sconosciuto, un semplice transitare. In realtà, poiché appartiene all’àmbito del necessario, l’essenza umana non è mutabile con la tecnica, che ha potere solo nella sfera della contingenza. Ciò non significa eliminare ildinamismo dall’umano, poiché l’essenza di un vivente è il suo principio dinamico e propulsivo. La perfezione ontologica della persona consiste nell’essere atto di tutte le potenzialità proprie dell’essenza umana.
Nell’ultima parte, la posizione della persona è esaminata all’interno della configurazione recente degli assetti politici (Roberto Mancini), economici (Benedetta Giovanola), giuridici (Markus Krienke) e della organizzazione del lavoro (Francesco Totaro).
Il pluralismo delle voci presenti nel volume converge sull’idea che la prospettiva della persona deve assumere la dignità di luogo epistemico, di orizzonte di ricomprensione delle sfere dell’esperienza e del sapere (politica, economia, scienza e tecnica, estetica, erotica, comunicazione). In questo senso, la persona può veramente dirsi la “prospettiva delle prospettive”. Del resto, come rileva Possenti (p. 243), in ogni intento di riprogettare l’umano, questo rimane il riferimento onnipresente; anche il discorso sul superamento della barriera uomo-animale è sviluppato dagli uomini. Il protagonista rimane sempre l’uomo, e per questo motivo il futuro non è già scritto.
Aggiungo che esistenza delle cose e prendere coscienza di esse si manifestano in un unico atto originario di esperienza, ossia soggettività e oggettività sono elementi cooriginari dell’esperienza. Ne segue che la persona è fondabile solo all’interno di una filosofia dell’essere, ma proprio all’interno di quest’ultima essa si svela come è l’ente naturale più perfetto (Tommaso d’Aquino), la sostanza (in senso aristotelico) per eccellenza (Josef Seifert), nonché l’ente naturale il cui modo di esistere personale lo accomuna a quello di Dio (Christos Yannaras). Tutto ciò non ha nulla di astratto, poiché, come rileva Totaro (p. 343), il rapporto della persona con il lavoro e l’economia ne è un banco di prova: occorre adoperarsi affinché non sia la persona a essere assorbita nella prospettiva dell’economia, ma sia quest’ultima a essere declinata dalla prospettiva della persona.