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Perché abbiamo bisogno di arrivare insieme a una sovranità condivisa

Articolo di Vittorio Possenti  apparso su Avvenire del 7 giugno 2024

Con le elezioni europee alle porte appare necessario evocare la differenza profonda tra sovranisti/populisti ed europeisti pro-federalismo, che finora è rimasta sottotraccia e quasi mascherata dai tentativi di distrarre i cittadini in merito al rilievo del tema. Esito negativo, perché tiene in ombra la divaricazione tra coloro che guardano verso un’Europa più coesa, convinti che nessuno oggi può fare da solo, e coloro che, come apertamente dichiara la Lega nella campagna elettorale con lo slogan “Più Italia e meno Europa”, fanno intendere che le nostre difficoltà provengano da Bruxelles. Le due concezioni dell’Ue che ne derivano sono quasi antitetiche: la prima guarda verso un’Europa federale, la seconda al massimo a un Europa confederale, che si potrebbe chiamare l’Europa delle Patrie. Emergono perciò due visioni lontane della sovranità, concetto verso cui il pensiero politico democratico si è mostrato critico in modo crescente da un secolo in qua. La sovranità è un concetto fondamentale e pericoloso della politica che nell’età moderna, a partire dal ’500, ha condotto nella sua versione assolutistica a una moltiplicazione delle guerre. La sovranità forte e senza riserve rappresenta una grande piaga che si lega a quella del nazionalismo. La sovranità quale absoluta potestas, superiorem non recognocens, non riconosce niente che le sia superiore. Il punto di vertice della sovranità è lo jus ad bellum, il potere di dichiarare guerra e di risolvere con la guerra lo scontro delle sovranità statuali entro la regola del “tutti contro tutti”. Mussolini formulò il nucleo della dottrina del fascismo: «Tutto con lo Stato, niente contro lo Stato, niente al di fuori dello Stato».

La concezione forte della sovranità non è per nulla debellata nella geopolitica planetaria, ed è presente anche in Italia con varie intensità tra i sovranisti. Vanta inoltre una tradizione duratura in altri Paesi, tra cui la Francia. Quando la nostra presidente del Consiglio allude all’Europa delle patrie – e lo fa da anni, prima che diventasse capo del Governo – riprende consapevolmente la concezione gaullista propugnata da Charles de Gaulle. Essa affiora nell’ultima Costituzione francese del 1958 (V Repubblica). Non si può dimenticare che il cammino verso un’Europa federale fu bloccato due volte dai cugini transalpini: nel caso della Ced (Comunità europea di Difesa), bocciata dal Parlamento francese il 30 agosto 1954, proprio quando l’Europa fu più vicina a diventare un’unione federale; e nel rigetto nel referendum che avrebbe dovuto ratificare la Costituzione europea redatta dalla Convenzione europea nel 2003 (29 maggio 2005).

D’altro canto la nostra Carta all’articolo 11 parla di «limitazioni alla sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni », mostrando di adottare un concetto aperto di sovranità. Abbiamo bisogno di una “sovranità” europea per procedere verso una forma più efficace e coesa di Unione. Nella campagna elettorale coloro che hanno evocato questi aspetti sono stati ben pochi, anche nei livelli alti della cultura e della politica. Anzi, hanno avuto corso slogan fatti apposta per andare nella direzione opposta, nell’intento di mettere la sordina alle questioni europee per concentrarsi su quelle interne.

Forse si è cercato di distrarre l’opinione pubblica dalla riflessione sui temi più brucianti: una difesa comune europea, una politica estera comune, un bilancio europeo comunitario, la riforma del modo di decidere all’unanimità. Su quest’ultimo punto dovremmo comprendere che decidere ogni volta all’unanimità (27 su 27) rende di fatto impossibile arrivare a un esito sulle questioni più complesse. Le istituzioni europee devono esser messe in condizione di deliberare e di compiere passi in avanti nella condivisione di nuovi obiettivi, tanto più che diversi Paesi aspirano a entrare nell’Ue. Allargarsi a 30 o addirittura a 35 membri senza chiarire a sé stessi e agli altri chi siamo e che cosa intendiamo essere serve quasi solo ad aumentare le disfunzioni. I padri fondatori dell’Europa possedevano un intento federale che si è molto debilitato. Inoltre l’Ue è stata pensata per una situazione di pace che da tempo non esiste più, e non è saggio pensare che le cose si possano risolvere ricorrendo come prima alle riunioni periodiche del Consiglio europeo.

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